Tribunale, Vicenza, ufficio esecuzioni, sentenza 16/02/2016.

Il Tribunale di Vicenza ha sollevato eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 161 co. 3 disp. att. c.p.c., come introdotto dalla L. 132/2015, pubblicata in G.U. n. 192 del 20.08.2015, entrato in vigore il 21.08.2015, sui criteri di liquidazione degli esperti stimatori, che prevede che "Il compenso dell'esperto o dello stimatore nominato dal giudice o dall'ufficiale giudiziario è calcolato sulla base del prezzo ricavato dalla vendita. Prima della vendita non possono essere liquidati acconti in misura superiore al cinquanta per cento del compenso calcolato sulla base del valore di stima".

La norma, evidenzia il giudice, è innanzitutto in contrasto con l'art. 3 Cost, in quanto irragionevole. Ed infatti l'art. 568 c.p.c. richiede al giudice di determinare il prezzo in base al valore di mercato del bene (oltre che una serie di altri indici), che deve essere fornito dall'esperto, il quale deve parametrare la propria stima non già al presumibile valore di realizzo del bene, bensì in base al valore di mercato, con gli adattamenti richiesti dalla specificità della vendita coattiva (es. decurtazioni per assenza di garanzia per vizi): “non si spiega quindi per quale ragione la liquidazione del bene debba avvenire sulla scorta del valore di vendita finale, quando viene chiesto di effettuare la stima del valore di mercato”.

Peraltro, la vendita forzata implica un prezzo derivante da una vendita avvenuta in circostanze straordinarie, che generalmente riflette un periodo di commercializzazione inadeguato, durante il quale il bene non è stato esposto al mercato a sufficienza e, pertanto, il valore di vendita forzata è atteso essere minore del prezzo di mercato.

La norma, per il giudice de quo, appare, altresì, irragionevole in quanto, nella parte in cui aggancia il compenso dell'esperto al valore di vendita del bene pignorato, prende come valore di riferimento un'entità (il valore di vendita appunto) che tuttavia non pare pronosticabile a priori e dipende da fattori imponderabili da parte dell'esperto. Sotto tale profilo, si pone anche in contrasto con la natura giuridica dell'obbligazione dell'esperto, quale professionista dotato di specifica competenza tecnica, che è obbligazione di mezzi e non di risultato.

L’art. 161 non specifica, peraltro, come dovrebbe avvenire la liquidazione in caso di estinzione del processo, sia tipica, che atipica (ad esempio, l'art. 164 bis d.a. c.p.c., introdotto dal D.L. 132/2014, consente di dichiarare l'improseguibilità della procedura e la chiusura anticipata del processo esecutivo per l'impossibilità' di conseguire il proprio scopo, ossia la soddisfazione del creditore).

La norma si pone, per il giudice de quo, in contrasto anche con l'art. 36 Cost. che prevede che il lavoratore abbia diritto ad una retribuzione adeguata e proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto. Ciò varrebbe anche con riferimento alla parte della disposizione che prevede che, prima della vendita, non possano liquidarsi acconti sul compenso superiori al 50%. È, per il giudice, infatti, equivalente al non compensare adeguatamente il professionista il rinviare sine die la liquidazione del compenso,  in attesa di un evento futuro e incerto quale la vendita dell'immobile pignorato, che  potrebbe  avvenire dopo diversi anni o addirittura non avvenire mai.

L’art. 161 contrasterebbe anche con l'art. 41, in quanto limiterebbe irragionevolmente la libertà di iniziativa economica (per cui l'entità e, soprattutto, la tempestività dei pagamenti devono essere garantiti, quali elementi fondamentali della libertà di impresa e di iniziativa economica) e con l'art. 117 Cost., in quanto, limitando l'entità del compenso dell'esperto e ritardandone il pagamento, limiterebbe la libertà economica del professionista.

La norma appare, infine, in contrasto con l'art. 97 Cost., nella parte in cui, frustrando le aspettative al compenso degli esperti, finisce con il far lavorare gli stessi sottocosto e, quindi, con l'allontanare dal circuito le professionalità migliori, con grave danno per la funzionalità e l'efficienza dell'amministrazione della giustizia.

Ritenuta, in conclusione, la pregiudizialità delle questioni sollevate, “non potendosi decidere sulla liquidazione dell'esperto senza la risposta della Consulta”, il giudice ha ordinato la trasmissione dell'ordinanza e degli atti alla Corte Costituzionale.

Articolo dell'Avvocato Giuseppina Mattiello foro di Como

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