Premessa

     Spesso i giudici e  committenti privati incaricano dei consulenti per determinare il prezzo di affrancazione di un terreno gravato da enfiteusi  e da livello; molti sono convinti di dover applicare semplicemente la Legge 607/66 senza sapere o essere aggiornati sul fatto che negli anni successivi un’ampia produzione giurisprudenziale ha lavorato per tentare di raggiungere criteri per l’ottenimento del giusto ristoro, adeguato alle realtà del momento. 

     E’ necessario, pertanto, possedere  un insieme di conoscenze non solo estimative ma anche sul piano  normativo e giurisprudenziale  riguardanti questi due istituti che gravano frequentemente su molti territori del nostro Paese, sia a vocazione agricola che edificatoria; spesso è necessario dover ricorrere anche all’esame dei catasti anteriori a quelli attuali, vigenti ai tempi dell’Italia preunitaria.

Generalità

     L’enfiteusi e il livello si inseriscono in svariate situazioni nelle quali il concedente può essere un soggetto pubblico o privato;  una loro più completa analisi richiede anche la conoscenza della normativa in materia degli usi civici nella quale essi occupano un ruolo centrale.

      Ritenendo necessaria una trattazione a parte, in questa sede ci si limiterà agli aspetti più operativi collocati “a valle” della stessa.

     Essi sono confluiti l’uno nell’altro, venendosi, pertanto, oggi, a parlare quasi solo di enfiteusi anche se si continua spesso ad incontrarli entrambi in molti documenti (catasti, atti, ecc.).

     Non è questa la sede per citare il susseguirsi delle  vicende storiche e giurisprudenziali che hanno sovrapposto questi due istituti, ma è bene precisare che in alcune zone (nel Lazio, in Toscana e nel Veneto) le esigenze di miglioramento del territorio, unite alla presenza di proprietà immobiliari di tipo latifondistico, hanno portato ad una notevole diffusione, nel corso della evoluzione storica di gran lunga antecedente all’Unità d’Italia, di frequentissimi rapporti di tipo agrario, tutti sostanzialmente caratterizzati dalla concessione in godimento di un fondo ad opera del proprietario  a favore di altro soggetto che, nel ricevere il bene immobile, si impegnava a coltivarlo, a migliorarlo ed a pagare un canone, di norma chiamato livello.

     Tali rapporti, con l’entrata in vigore del codice civile, sono rientrati in una tendenza legislativa che li ha condotti ad un accorpamento dei diversi istituti ed alla attribuzione ad essi di una disciplina normativa unitaria, culminante con le leggi 22 luglio 1966 n.607 e 18 dicembre 1970 n.1138  mirate, queste ultime,  inequivocabilmente alla assimilazione di tutti i rapporti agrari all’istituto dell’enfiteusi disciplinato dall’art.967 e seguenti del codice civile.

     E’ importante, pertanto,  tener conto  del contesto storico in cui questi si sono originati per consentire una certa univocità nella definizione dei rapporti tra le parti (cioè: concedente-enfiteuta e concedente-livellario) finalizzata al calcolo del canone e del capitale di affrancazione.

     Spesso, molte persone sono convinte di essere proprietarie di alcuni terreni per averli regolarmente acquistati o di esserne venuti in possesso per successione, trascurando o senza essersi accorti che gli stessi sono gravati da enfiteusi o da livello a favore di un concedente che può essere un soggetto pubblico (Comune, Stato, ecc.) o un semplice privato oppure un ente ecclesiastico come l’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero. 

     Questi accertamenti sono particolarmente delicati  nell’espletamento della “due diligence”,  propedeutica alla stima dei beni immobiliari, sia nel processo giudiziale esecutivo che in settori extragiudiziali (banche, privati, ecc.);  è necessario porre attenzione alla eventuale presenza di contratti enfiteutici o livellari, realtà particolarmente insidiose in quanto non sempre sono trascritte e quindi il loro accertamento è difficoltoso.

    Al fine di accertare la sussistenza o meno di gravami enfiteutici o livellari, è necessario effettuare un’indagine sugli atti demaniali ufficiali di cui ogni Comune dovrebbe essere dotato,  un’attenta lettura del Certificato di Destinazione Urbanistica (CDU), oppure eseguire visure storico-catastali che dovranno evidenziare la situazione degli intestatari oppure eseguire la ricostruzione degli atti di provenienza.

     Il Consiglio Superiore della Magistratura, nelle sue Linee guida del 2017,  raccomanda  una più accurata e dettagliata verifica tecnico-giuridica dei beni sottoposti ad esecuzione poiché, avendo la Corte di Cassazione, con propria Sentenza n.19792/2011,  sancito la demanialità  dei beni soggetti ad uso civico ne ribadisce la loro inalienabilità ed allora  potrebbe emergere che questi, se oggetto di esecuzione, potrebbero non essere stati sdemanializzati prima del pignoramento.

     L’ enfiteusi

     Tralasciando gli aspetti giuridici di questo istituto, è utile fare il punto sulle modalità  di determinazione dei canoni e del valore di affrancazione a partire dalla Legge n.607/66 e successive modifiche ed integrazioni, sino a varie sentenze della Corte Costituzionale, provvedimenti e circolari dell’amministrazione finanziaria dello Stato, periodicamente emesse.

          Tranne casi di  rapporti enfiteutici tra Amministrazioni e Aziende autonome dello Stato (concedenti) e privati (enfiteuti) già estinti per legge (con la Legge n.16/1974 per la quale la Corte dei Conti, con proprio Parere n.18/2006,  ha dichiarato l’inapplicabilità ai beni comunali), spesso trattasi di rapporti tra privati;  bisogna stare attenti, però (per le motivazioni di cui si parlerà più avanti), quando il concedente è un Comune che, secondo alcuni giuristi, non rientrerebbe tra gli enti di cui sopra (Amministrazioni e Aziende autonome dello Stato) in quanto la legge non ne fa espresso riferimento.

    Nel caso, invece, in cui il Comune è subentrato come concedente nella titolarità dei beni provenienti dall’ ex-ECA (Ente Comunale di Assistenza, ormai soppresso da diversi anni), il rapporto enfiteutico è di natura privatistica non assumendo il Comune figura di ente esponenziale della collettività,  gestore dei demani universali o comunali;  infatti i beni ex-ECA sono beni patrimoniali disponibili ai quali non si applica il regime dei beni demaniali.

      Similmente, nel caso in cui il concedente è un ente ecclesiastico,  la linea di diversi giuristi è quella secondo la quale a questo ente non afferiscono beni ai quali attribuire la natura demaniale poiché non rappresenta esso un ente esponenziale della collettività (come lo è un comune o una università agraria) ma è un ente rappresentativo di una cerchia ristretta di soggetti (fedeli, parrocchiani, ecc.); secondo interpretazioni dell’art.831 del codice civile, la disciplina degli enti ecclesiastici è quella della proprietà privata.

     Per determinare il capitale di affrancazione dei canoni enfiteutici, si parte dalla Circolare dell’11 maggio 2011 n.29104 dell’allora Agenzia del Territorio (che tiene conto degli orientamenti giurisprudenziali susseguitisi nel tempo) che fa riferimento:

- alle enfiteusi rustiche (costituitesi sia prima che dopo il 28 ottobre 1941, data di entrata in vigore del nuovo Codice Civile):  il calcolo del canone e del capitale di affrancazione va effettuato utilizzando lo stesso criterio della determinazione della indennità di esproprio dei fondi rustici (in linea con quanto statuito dalla sentenza della Corte Costituzionale n.406/1988) in modo tale che questi (canone e capitale di affrancazione) siano rapportati alla “effettiva realtà economica” (si veda anche in proposito il Parere dell’Avvocatura de L’Aquila recepito dalla Circolare n.118 del 9.9.1999 del Ministero dell’Interno);

-  alle enfiteusi urbane, con riferimento alla nota dipartimentale del Ministero delle Finanze del 26 ottobre  2000:  il canone va determinato applicando al valore dell’area considerata  edificabile un equo saggio di rendimento e di conseguenza un capitale di affranco pari a 15 volte (come per legge) il canone così determinato.

Il Livello

     Il livello è un istituto giuridico sorto nel 368 D.C. (sotto gli imperatori romani Valentiniano e Flavio Giulio Valente) per avere poi una grande diffusione nel medioevo in Italia sino a giungere agli inizi del 1800;  in questo contratto agrario, che non ha una propria definizione normativa,  il concedente era un nobile, un monastero, una chiesa, titolare del dominio diretto mentre chi effettivamente si trovava sul terreno era il livellario, titolare del dominio utile che aveva l’obbligo del pagamento di un canone e del miglioramento dei terreni (quest’ultimo non sempre ritenuto tassativo), la concessione poteva essere perpetua o temporanea.

     In particolare, nel sistema feudale, il concedente non era il proprietario, cioè il dominus diretto, ma il vassallo (che nel sistema feudale, giurando costui garanzia di sostegno politico e militare, attraverso un rito di investitura, riceveva in cambio beni economici basati su proprietà fondiarie dette feudi) mentre nell’enfiteusi il concedente è proprio il proprietario del fondo, cioè il dominus diretto.

     Questi elementi di differenziazione si affievolirono sempre più, tanto che il livello finì per confondersi e confluire a pieno nell’enfiteusi, disciplinata, quest’ultima, dal  codice civile; questo fenomeno lo ha evidenziato anche la giurisprudenza di Cassazione, anche con la più recente sentenza,  la n.9135 del 6 giugno 2012, secondo la quale il regime giuridico del  livello va assimilato a quello dell’enfiteusi, in quanto i due istituti,  pur se originariamente distinti, nel tempo sono stati unificati facendo confluire il primo nel secondo.

Ma allora perché si parla ancora di livello?

     Perché è un istituto, di fatto, ancora frequentemente  sussistente tra Enti ecclesiastici e livellari e, nell’Italia meridionale,  tra Comuni e livellari, derivante dalla allodializzazione delle terre collettive gravate da uso civico.

     Pertanto,  in presenza di livelli costituiti a favore di amministrazioni comunali, occorre prestare massima attenzione in quanto si potrebbe celare la presenza di usi civici per i quali la legge prevede l’inalienabilità dei fondi che, se trascurata,  potrebbe causare la nullità di un atto di trasferimento se non è stata effettuata prima l’affrancazione, con conseguente responsabilità a carico del notaio rogante.

     Nell’ambito delle operazioni di ripartizione in quote dei terreni di uso civico, con particolare riferimento alle quotizzazioni ed altre operazioni avvenute prima della legge del 1927,  i canoni derivanti dalla cessione di dette quote furono di natura enfiteutica e non di enfiteusi vera e propria  (così, secondo consolidate pronunce giurisprudenziali).

      I canoni imposti dagli enti esponenziali della collettività  (non le enfiteusi tra privati) vengono imposti a seguito di quotizzazioni e legittimazioni della proprietà collettiva ( i cosiddetti usi o demani civici) che hanno un certo rilievo perché sono dovuti a favore della collettività e la loro mancata riscossione, o adeguamento,  vanno a costituire danno erariale.

     Alcuni provvedimenti in materia di usi civici (legittimazioni, conciliazioni, trasformazioni in enfiteusi perpetue, quotizzazioni ante 1927 e trasformazioni in colonie inamovibili) hanno dato e danno luogo a canoni perpetui definiti dalla legge, di natura enfiteutica; il significato della obbligatorietà della corresponsione del canone da parte del soggetto beneficiario (il quotista)  del bene gravato da usi civici,  rappresenta ciò che la collettività deve avere in cambio, in quanto ad essa è stato sottratto (se pur legittimamente) un bene che prima gli apparteneva.

Il canone è detto “di natura enfiteutica” perché la giurisprudenza ha chiarito che non ci si trova di fronte ad un vero e proprio rapporto enfiteutico;  in quest’ultimo, invece, il canone costituisce il compenso spettante al concedente per il contributo che egli dà alla produzione conferendo il terreno, mentre il canone nel rapporto di natura enfiteutica attesta l’avvenuta estinzione di ogni comunanza di interessi (per il concedente che per il livellario) sul terreno, con possibilità di poterlo affrancare in ogni momento, mentre il rapporto di natura enfiteutica è sempre stato caratterizzato da una variabilità di vedute sull’imposizione dell’obbligo di miglioria e sull’esercizio di devoluzione in caso di mancato pagamento del canone.

Tipologie di affrancazione

A) Nei rapporti enfiteutici.

     L’affrancazione è l’acquisto della proprietà da parte dell’enfiteuta mediante il pagamento di una somma di denaro (capitale di affrancazione);  per l’enfiteuta l’ affrancazione è un diritto potestativo, cioè, il concedente non può rifiutare il consenso;  il pubblico ufficiale preposto al rogito dell’atto di affrancazione è il notaio ed anche il segretario comunale, se il concedente è il Comune.

     La base legislativa di partenza è dettata dal Codice Civile ed è normata dalle leggi n.607/1966 e n.1138/1970 mentre, attualmente, il calcolo del canone e il relativo capitale di affrancazione è regolato dalla Circolare n.29104 dell’Agenzia del Territorio dell’11 maggio 2011.

     I terreni che possono essere affrancati con questa procedura sono:

-          quelli di proprietà degli Istituti Diocesani per il Sostentamento del Clero (istituiti con Legge 222/1985 sul Fondo edifici di Culto – F.E.C. – con la quale sono stati riuniti i vari enti ecclesiastici esistenti sino a quell’epoca); il Ministero degli Interni (territorialmente le Prefetture) regola queste procedure;.

-          quelli di proprietà di privati: agricoli (per la cui affrancazione è necessario tener conto delle sentenze della Corte Costituzionale n. 406 del 7 aprile 1988 e n.143 del 23 maggio 1997), edificabili (in cui al valore del canone, non potendo essere determinato sulla base delle enfiteusi rustiche, quelle cioè dei terreni agricoli, per evitare azioni speculative, vi si perviene applicando al valore dell’area edificabile un equo saggio di rendimento, sulla base del Parere n.661 del Consiglio di Stato del 9 giugno 1988, Nota del Ministero delle Finanze del 26 ottobre 2000 e Circolare dell’Agenzia del Territorio n.29104 dell’ 11 maggio 2011) ed edificati; in questi ultimi il fabbricato, secondo la nota n.8475 dell’Avvocatura dello Stato del 19 dicembre 1991 non può essere riconducibile ad una miglioria  essendo  un elemento intrinsecamente connesso alla natura edificabile del fondo e, pertanto, risulta acquisito dal concedente per accessione in quanto proprietario dell’area.

-          terre civiche quotizzate (artt.19, 20, 21 della Legge 1766/1927):  queste terre diventeranno di esclusiva proprietà privata dell’enfiteuta solo con l’avvenuta affrancazione, operazione, questa, che estinguerà la loro natura demaniale.

B) Nei rapporti di natura enfiteutica

     Sono quelli che per tradizione storica sono gravati dai livelli (da cui discende il canone livellare).

     Malgrado, come già precedentemente ribadito,  il livello sia un istituto giuridico privo di una propria definizione e autonomia normativa rispetto all’enfiteusi, confluendo, pertanto, in quest’ultima (come enunciato da diverse pronunce giurisprudenziali: Sentenze Cassazione Civile n.23752 del 14 novembre 2011, la n.64 del 1997, la n.1682 del 22 giugno 1963, la n.1366 del 1961 ed, in particolare, la n.9135 del 6 giugno 2012),  risultano, tuttora ancora posti in essere rapporti livellari, individuabili in intestazioni catastali e atti notarili riguardanti anche terreni  provenienti da sistemazioni di terre civiche a seguito delle quali le stesse sono state allodializzate (trasformate in allodio, cioè in proprietà privata) con a carico un canone detto di natura enfiteutica.

Rimandando l’approfondimento del significato delle procedure di sistemazione delle terre di uso civico ad altra sede, qui di seguito viene citata la casistica dei rapporti di natura enfiteutica.

     Pertanto, nei provvedimenti di:

  • Legittimazioni (art.10, Legge 1766/1927);
  • Conciliazioni (art.51, R.D. 3 luglio 1861 e art.29 Legge 1766/1927);
  • Trasformazioni in enfiteusi perpetua (art.26 R.D. 332/28);
  • Quotizzazioni (Legge 1° settembre 1806 e art.32 R.D. 3 dicembre 1808);
  • Trasformazioni in colonie inamovibili (art.28,  R.D. 10 marzo 1810).

è già stata decretata la trasformazione del bene da demanio in proprietà privata e, pertanto, la demanialità si trasferisce dal bene al canone e la successiva affrancazione consentirà solamente la cessazione della corresponsione del canone che, infatti, è di natura enfiteutica.

Infine con la sistemazione per liquidazione su terre private, cioè feudali, il terreno era e resta privato avendosi una:

1 – Affrancazione del canone di natura enfiteutica (art.7 della legge 1766/1927); essendo stata la  terra sempre di natura privata, l’affrancazione determina solo la cancellazione del canone.

2 – Affrancazione tramite scorporo di una porzione del terreno privato gravato da uso civico e assegnato al Comune o alla Associazione (artt.5 e 6 della Legge 1766/1927).

3– Affrancazione senza scorporo ma con una imposizione di canone annuo di natura enfiteutica a carico dei proprietari a favore del comune o Associazione (art.7, legge 1766/27), cancellabile con un ulteriore provvedimento di affrancazione (precedente punto 1).

          In mancanza di legittimazione del terreno occupato dall’occupatore arbitrario, lo stesso rientra nel demanio civico comunale che diventa patrimonio indisponibile e non è più affrancabile neanche successivamente al reintegro nella massa demaniale.

     In tutte queste situazioni l’affrancazione fa venir meno il solo dovere di corrispondere il canone di natura enfiteutica;  la parola “solo” vuol chiarire che prima dell’affrancazione l’unico onere era, appunto, solo quello di corrispondere il canone, giacché la proprietà era già stata trasferita con il provvedimento; è quest’ultimo, infatti, che determina il trasferimento della natura demaniale dal bene al canone; per cui il bene diventa allodiale (piena proprietà privata) e  la demanialità del canone si estinguerà poi con l’affrancazione.

     In tutte le sopracitate tipologie di rapporti di natura enfiteutica non trova applicazione la disciplina codicistica dell’enfiteusi, con particolare riferimento ai seguenti articoli del Codice Civile:

  • il 960 sull’obbligo dei miglioramenti;
  • il 970 che prevede la prescrizione ventennale per il non uso;
  • il 972 che prevede la devoluzione per mancato pagamento dei canoni.

     Il canone di natura enfiteutica è, pertanto, perenne (resta in vita fino a quando non viene affrancato), ha natura pubblicistica (Corte dei Conti, delibera/parere n.18/2006) ed è perpetuo, il capitale di affrancazione è imprescrittibile in quanto destinato alla collettività per opere che vadano a compensare la perdita del valore dell’area demaniale perduta (art.24 della legge 1766/1927).

     Altri rapporti di natura enfiteutica si hanno quando sulle visure catastali si incontrano casi di intestazione del tipo: “…..livellario o enfiteuta” a concedenti diversi da quelli incontrati nel punto precedente, quali: “Comune” (per terreni non di uso civico rientranti nel patrimonio disponibile dell’ente), o “Congregazione di Carità” o “Ente Comunale di Assistenza” o “Istituto per il sostentamento del clero” o “Demanio dello Stato-Asse Ecclesiastico” o “Fondo Edifici del Culto”.

     Per questi terreni, fatta comunque salva una ricerca storico-giuridica sulla tipologia di questo vincolo per evitare eventuali risultati a sorpresa, il canone e l’affrancazione possono seguire normalmente quanto disposto dalla Circolare dell’Agenzia del Territorio n.29104 dell’11 maggio 2011 che riprende i dettati della Circolare del Ministero degli Interni n.118 del 9 settembre 1999 con allegato parere CS 260/99 dell’Avvocatura Distrettuale de L’Aquila.

Paolo Sonni è Dottore Agronomo Valutatore Immobiliare Certificato UNI 11588:2014

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