I recenti accadimenti legati alla diffusione del COVID-19 che ha colpito nei giorni scorsi il nostro Paese, hanno messo in evidenza in modo netto alcuni pregi e difetti che caratterizzano, da sempre, la nostra cultura.
Un pregio che credo sia importante sottolineare è la capacità di reazione che abbiamo dimostrato per fronteggiare questa crisi.
Le strutture sanitarie sono state rapide a mettere in campo una serie di azioni per contenere il diffondersi di un’epidemia che ha colpito l’Italia. Il difetto, invece,è stata la mancanza di prevenzione.
Il risk management ha come componente importante la risk prevention, che si materializza in un Sistema di Prevenzione e Monitoraggio del Rischio (Risk Prevention and Monitoring System o RPMS) il quale deve prevedere: le azioni che devono essere attivate e l’organizzazione necessaria, con definizione di ruoli, responsabilità e poteri decisionali.In questa fase, la sensazione che si ha, almeno leggendo le notizie, è che ci siano due paure: la prima è che non si sia in grado di controllare la diffusione del virus e la seconda è che l’epidemia possa raggiungere una così grande portata da non essere più gestibile con le attuali strutture sanitarie.
E questo probabilmente è legato a quello che ritengo essere il secondo difetto nella gestione di questa crisi: la comunicazione unita alla difficoltà di reperire dati affidabili.
Abbiamo sentito innumerevoli volte l’affermazione “non dobbiamo creare allarmismo”, ma la verità è le comunicazioni di questi giorni hanno creato il panico.
Sono sparite le merci dagli scaffali dei supermercati e questo dimostra l’ansia generata nella popolazione dai media.
Abbiamo affidato la comunicazione – in un momento di crisi come quello attuale – al dibattito, più che all’informazione (che significa, ad esempio, far sapere quali sono le aree di contagio o come è possibile arginare il diffondersi del virus), dimenticando però che la comunicazione, soprattutto in questi casi, deve essere onesta, completa, puntuale e provenire esclusivamente da fonti autorevoli e accreditate.
Non solo. La comunicazione ha dipinto l’Italia come uno dei paesi più a rischio.
E’ difficile misurare – e probabilmente lo capiremo solo in futuro – l’impatto che questo può avere sull’economia e sul brand Italia. D’altra parte, come è stato sottolineato da più parti è più facile trovare casi positivi se si fanno molti esami rispetto a situazioni in cui questo non avviene.
Se da una parte, è rassicurante sapere che la sanità italiana si è mobilizzata, dall’altra forse, la comunicazione dei risultati avrebbe dovuto essere limitata a quello che era importante sapere a livello collettivo.
In una intervista, Giulio Tremonti ricordava come nel 2001, dopo l’11 settembre, ci si fosse trovati a dover fronteggiare una ipotizzata epidemia di vaiolo, e di come l’acquisto dei vaccini fosse stato disposto dal governo del tempo senza fare alcuna pubblicità.
Tra questo caso e quello di oggi, esiste senz’altro una via di mezzo che poteva essere percorsa.
Nella mia esperienza, in situazione di crisi, chi ha la responsabilità, deve attendere per comunicare di avere una comprensione del fenomeno e una definizione delle misure da prendere. Anche per questo, un sistema di prevenzione organizzato può rivelarsi essenziale.
E’ essenziale migliorare la capacità di prevedere e gestire eventi a rischio, non solo quelli legati alla salute, ma anche alle calamità naturali, a cui l’Italia è da sempre esposta, e agli eventi climatici estremi sempre più frequenti nel nostro Paese.
Si tratta di introdurre, in tempi sereni, i RPMS sia presso le istituzioni pubbliche sia presso le imprese e dedicare il “tempo di pace” anche alla progettazione di protocolli di collaborazione tra gli enti interessati e piani di crisis management che attribuiscano ruoli e responsabilità anche per la comunicazione in caso di crisi.
Nell’attuale contesto dobbiamo provare a pensare anche quello che possiamo imparare.
Questi giorni ci stanno obbligando a valutare quanto possa essere utile ed efficace lo smart working, ovvero quanto sia possibile lavorare e progettare attività anche a distanza.
Spesso perdiamo ore in riunioni o in attività che, invece, possono essere facilmente svolte con altre modalità ed usando gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione e la situazione odierna ci riporta all’essenziale.
Dopo si tratterà di ritrovare con un balzo le condizioni favorevoli per riprendere a crescere.
Fonte: www.cineas.it
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